I CAVALIERI DI ARIANNA

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CUONO
view post Posted on 12/8/2015, 14:45 by: CUONO     Top   Dislike
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" Le immagini delle maschere della commedia dell'arte nel lavoro di artisti italiani contemporanei."
di Marina Cekmareva

Dottore in Filosofia e critica d'arte.
Lavora al Museo Hermitage di Sanpietroburgo.



Sono passati circa quattro secoli e mezzo dalla apparizione dei personaggi della commedia dell'arte, nel campo delle arti figurative. Quale di questi eroi è ancora attuale oggi ? Che cosa di questi personaggi interessa agli Artisti contemporanei? E’ cambiato il loro aspetto e la loro interpretazione nell'arte dei primi anni del XXI secolo?

Questo articolo è un tentativo di dare una visione complessiva, e di individuarne le principali tendenze, delle opere che i maestri italiani hanno dedicato ai personaggi della commedia dell'arte.

Il nuovo secolo, secondo il famoso scrittore italiano Umberto Eco, ha portato nella vita della società una "carnevalizzazione al cento per cento." Il giuoco e il carnevale hanno occupato sia il tempo del lavoro che il tempo libero, il turismo e lo sport, lo shopping e la ristorazione, la politica e la religione.

Non è sorprendente che con una tale percezione della realtà, gli artisti sempre più spesso rivolgano la loro attenzione alle maschere della commedia dell'arte, che per secoli erano la manifestazione della follia del carnevale. Come nei secoli precedenti, i più popolari rimangono - Arlecchino e Pulcinella. Se il primo personaggio è diventato una sorta di figura universale, il secondo è la maschera italiana per eccellenza. Ad ogni passo nel sud Italia, soprattutto a Napoli e ad Acerra, la patria della maschera e dove si trova un museo a lui dedicato, si possono trovare le immagini di Pulcinella: dalle insegne delle pizzerie e degli alberghi, ai dipinti nelle gallerie d’arte. Secondo l'artista Cuono Gaglione, Pulcinella è diventato un emblema del Sud Italia, di Napoli in particolare, alla pari del mandolino, della pizza e del Vesuvio. Lui è un eroe di fumetti, di giocattoli, di souvenir e di cartoni animati.

A tutt’oggi, nelle città meridionali durante le feste popolari, le immagini di Pulcinella emergono in mezzo ai partecipanti, come in occasione del carnevale di Napoli o del festival annuale del peperoncino nella città di Diamante ( Calabria).

Sui palchi dei teatri le maschere della commedia dell'arte ancora fanno divertire il pubblico in tutta l’Italia.

Inoltre, negli ultimi decenni Pulcinella è stato protagonista di diversi film, tra cui "L'Ultimo Pulcinella" (2008) per la regia di Maurizio Scaparro, "Tutta la famiglia" (The Wholly Family) (2011), diretto da Terry Gilliam e in altri.

Come parte della vita quotidiana, i personaggi della commedia dell'arte, continuano di tanto in tanto ad apparire nelle tele dei maestri italiani. Nello scegliere soggetti e motivi, come nel secolo scorso, i pittori privilegiano i più tradizionali: l'amore, il teatro e lo spettacolo, il carnevale, la morte, il clown triste e la religione. Spesso i maestri moderni, così come gli artisti del secolo precedente, vedono in questi personaggi il loro alter ego e li percepiscono come un segno di energia creativa artistica.

Forse è per questo che negli ultimi decenni sono stati creati ritratti e autoritratti nei costumi dei personaggi della commedia dell'arte. Il genere è diventato popolare già nel XVIII secolo nelle opere di maestri francesi e continua a rimanere in voga con gli artisti del XX - XXI secolo. La prima di questa serie di immagini è il lavoro, degno di nota, di Alberto Chiancone "Pulcinella- Autoritratto "(1968-1985), che ha influenzato le opere di altri artisti, tra i suoi ex allievi. L'artista ritrae se stesso frontalmente, con la testa rivota di tre quarti. Indossa l’abito di Pulcinella, tenendo una mezza maschera nera in mano. Il volto è coperto da uno spesso strato di trucco bianco. Chiancone accentua gli zigomi, mostrando un confine netto tra luce e ombra, e rimarca le sopracciglia con il nero. Queste linee formano un ritmo comune, richiamando il contorno della mezza maschera di Pulcinella. Così, si scopre che, dietro la prima mezza maschera nera rimossa, se ne nasconde un’altra bianca. Gli occhi del personaggio guardano di lato e sono leggermente socchiusi. Egli è raffigurato pensieroso, racchiuso in sé e distaccato dal mondo. Usa la mano destra come una barriera tra sé e lo spettatore. Dietro questa prima triste figura, ne appare un’altra, un altro Pulcinella, il suo doppio. Sembra che si lanci in avanti, emergendo dal buio. Il suo volto spaventoso, con i denti scoperti, gli occhi infuocati è nascosto sotto una mezza maschera terrificante. La mano del doppione è sollevata in alto, nel tentativo di afferrare la spalla del primo eroe con le sue lunghe dita ossute. L’autoritratto è realizzato con una tavolozza dai colori freddi, basata su una combinazione di blu, giallo e bianco. Questi insieme di colori trasmettono una ulteriore tensione , tale da produrre ansia. Chiancone crea una atmosfera generale di ansia e tristezza, cifra stilistica di molte opere dedicate a questo eroe.

Nel suo ritratto "L'Ultimo Pulcinella" (1983), Cuono Gaglione, allievo di Chiancone, utilizza la stessa gamma di colori, ma la sua opera è priva di un senso di tragedia imminente. Gaglione ha dipinto questo ritratto un anno prima della morte del famoso commediografo italiano, regista e attore Eduardo de Filippo (1900-1984), che in gioventù aveva interpretato il ruolo di Pulcinella e creato alcune pieces con Pulcinella come protagonista. il personaggio di Gaglione indossa il costume di Pulcinella, la mezza maschera poggia sulla fronte, lasciando il volto scoperto. Come il suo maestro, il pittore dipinge la figura a mezzo busto , portandola molto vicino allo spettatore. L' immagine dell'Attore è appena spostata a sinistra e dietro di lui si apre uno scorcio di vicoli notturni di Napoli, con una luna piena di colore arancione. Il volto di Eduardo De Filippo è mostrato in un piccolo angolo. L'accento è posto sui grandi occhi appena socchiusi con grande strabismo. Gaglione usa la tecnica già utilizzata da Chiancone nell’ autoritratto, quando propone il volto dell'eroe nascosto da metà maschera. Ma nel lavoro dell’allievo tutto ciò si nota in modo attenuato.

Un anno prima Gaglione crea la sua "Autobiografia" (1982), dove sono messi in evidenza i tre temi principali della sua produzione artistica ( cifra stilistica): la Cattedrale, il popolo e Pulcinella, come lui stesso ha detto in un'intervista alla radio di Napoli. "In ogni mia opera d'arte includo la cupola del Duomo di Acerra, la maschera e lo stesso Pulcinella". Gaglione ha ritratto se stesso seduto, di dimensioni non molto grandi, al riparo, nell'angolo in basso a destra della tela. Sopra di lui si erge a figura intera Pulcinella, con le mani, avvolte dalle corde, ripiegate verso il basso. Dietro una grande folla di persone - gente di Acerra. Ed in lontananza, sulla linea dell’all'orizzonte, il contorno della cupola del Duomo. Nel dipingere il suo autoritratto, Gaglione utilizza ancora una volta la tradizionale tavolozza dai colori blu, completandola con il colore rosso acceso del suo maglione, che si trasforma nelle macchie marroni dei vestiti della gente. Così, sulla scia del suo maestro, Gaglione dà a questo dipinto un segno di drammaticità.

Un'immagine completamente diversa è stata creata da Ugo Levita nella sua tela "Opportunità perdute. Autoritratto. " L'artista utilizza uno schema compositivo secondo la tradizione del Rinascimento italiano, che mostra la figura in tre quarti davanti a un parapetto o dietro di esso. Il pittore si è ritratto con le braccia conserte (incrociate sul petto), (volgendo uno sguardo arrogante) altezzosamente con lo sguardo verso lo spettatore. Sulla fronte poggia la mezza maschera nera di Pulcinella, e sulla parte superiore della faccia, dove si trovava precedentemente, il trucco bianco. Indossa abiti neri. Particolare festosità viene aggiunta all’autoritratto da due drappeggi sullo sfondo della parete e dall'abbondanza di oggetti, che riportano lo spettatore alle tradizioni del ritratto barocco di cerimonia, cosi come lo sguardo altero del modello. In questa opera Levita si allontana dal modo tradizionale di mostrare il modello sotto forma di Pulcinella, in quanto ritrae se stesso come un aristocratico altezzoso nel misterioso, cupo abito nero, e non nel solito costume bianco, che ricorda abbigliamento contadino. Egli non solo rivela la sua essenza interiore, il suo Pulcinella, che è nascosto nell'anima acerrana, ma anche quanto si cela dietro la mezza maschera e il trucco, mostrando freddezza, distacco e tristezza nei suo sguardo.

Il genere, che può essere chiamato come "ritratto dell'eroe della commedia dell'arte". ha subito grandi cambiamenti nell'interpretazione delle immagini della commedia dell'arte italiana. Gli artisti sono decisamente meno attratti da esso rispetto ai secoli precedenti. Di fatto, Salvatore Nuzzo nell’opera "Pulcinella" (2002) utilizza lo schema tradizionale per mostrare questo personaggio. Lo ritrae a figura intera, in abito tradizionale e mezza maschera, in piedi con le gambe divaricate e con un piatto di spaghetti e forchetta in mano.

Tuttavia, la maggior parte degli artisti si allontanano sempre di più dall'iconografia di questi eroi e dal loro carattere, come, ad esempio, Sergio Agnelli nella serie di lavori del 2003. Così nei quadri "Arlecchino", "Pulcinella", "Capitano Spaventa" il pittore raffigura i personaggi su uno sfondo astratto di linee geometriche curve. Le figure dei personaggi sono prive di volume e si trasformano in una sorta di elementi decorativi convenzionali, mantenendo solo gli attributi rilevanti: Pulcinella - cappuccio e mezza maschera, il Capitano - fioretto e baffi, Arlecchino - maschera e costume a macchie colorate, vagamente somiglianti a rombi.

L’ artista Demo (Enrico Nicodemo) nella sua serie di opere dedicate ad Arlecchino e Pulcinella utilizza una tecnica pastosa(materica) mediante l'uso della spatola nell’applicare i colori, ponendosi al confine tra pittura astratta e figurativa. Nei dipinti "Arlecchino in Movimento" (2011), " Arlecchino a colori" (2010) e "Pulcinella a colori" (2010), l'autore raffigura gli eroi nelle pose caratteristiche della loro iconografia, conservando i colori tradizionali dei costumi e il carattere dei personaggi, sfocando i loro volti e le sagome( figure, silhuette).

Tuttavia, sia Demo, che Agnelli, nell'interpretare queste maschere di commedia dell'arte, mantengono le caratteristiche di un ritratto da cerimonia. Nella maggior parte dei casi, essi mostrano gli eroi frontalmente, a figura intera o di tre quarti. Lo sguardo dello spettatore è diretto dal basso verso l'alto, i personaggi sono raffigurati in pose statiche, come se posassero. Le stesse caratteristiche sono attribuibili anche all’opera di Salvatore Nuzzo "Pulcinella" (2006), dove l'autore sceglie il taglio all’altezza delle spalle, raffigurando l'eroe frontalmente. Il pittore segue rigorosamente l’immagine tradizionale di questo personaggio e mette in evidenza una verruca sul volto di Pulcinella, un dettaglio che raramente incontriamo nelle opere di artisti contemporanei. I suoi occhi guardano così intensamente da assomigliare più ad una maschera funeraria, piuttosto che una persona viva. Così, l'artista introduce un accenno di mistero e misticismo, proprio di questo eroe.

Tuttavia, rispetto al secolo precedente, il numero di opere che si possano annoverare al tipo di "ritratto dell'eroe" si è molto ridotto. Gli artisti non sono così interessati ai caratteri originali delle maschere della Commedia dell'Arte. Essi riempiono queste immagini con gli umori in sintonia con le realtà moderne.

I pittori del XXI secolo hanno cominciato a vestire i personaggi femminili nei costumi delle maschere della commedia italiana, soprattutto Arlecchino. Così nel quadro "Madre con le ciliegie" (2001) Crestani ha rappresentato l'iconografia tradizionale del Rinascimento italiano "Madonna col Bambino". Una donna è mostrata seduta su antiche colonne sulla spiaggia in abito moderno rosso con fiori bianchi sopra al quale indossa una corta giacca con figure geometriche, caratteristiche del costume di Arlecchino. Qui l'artista nella sua interpretazione dell'immagine si avvicina alle opere di Pablo Picasso. Completamente diversa l’immagine di Arlecchino creata da Sandro Chia "Arlecchino" (2008), dove l'artista ha mostrato una eroina nuda, il cui corpo è ricoperto da rombi ed altre figure geometriche, come se fossero il suo vero colore della pelle, la sua natura, e non un costume. L'eroina si mostra allo spettatore sul palco, sullo sfondo del sipario, con una mano appoggiata su una roccia, l'altra gettata dietro la testa. Il suo corpo flessuoso è inarcato. Così l'artista combina l'immagine di Arlecchino con una ginnasta. Questa interpretazione è insolita nella raffigurazione tradizionale di personaggi femminili della commedia dell'arte, ma con il loro stato d'animo lirico riflessivo, con le proporzioni del corpo e attraverso la composizione, si associa all'opera di Pablo Picasso. Questo non è sorprendente, dal momento che egli ha creato, all'inizio del XX secolo, numerose opere dedicate alla vita familiare di comici girovaghi, nelle quali si evidenzia con particolare intensità l’immagine femminile della compagna di Arlecchino.

Un altro motivo di vivo interessamento per le maschere della Commedia dell'Arte può essere l’inizio del periodo della nuova decadenza, per molti aspetti simile a quello degli inizi dei secoli XIX-XX. La maggior parte delle opere realizzate da artisti italiani sono letteralmente impregnate di una atmosfera decadente. Non è un caso che il maggior numero dei dipinti sono dedicati alla immagini di Arlecchino e Pulcinella tristi. Il motivo di "pagliaccio triste" inizia la sua storia a partire dai primi del XVIII secolo, con il dipinto di A. Watteau "Pierrot" (1718-1719), divenuto più popolare nei secoli XIX-XX. Per gli artisti degli inizi del ventunesimo secolo, rimane molto attuale. Così, Alfredo Grimaldi in un piccolo dipinto "Arlecchino" (2011) raffigura l'eroe di notte, seduto sulla spiaggia, con le braccia intorno alle ginocchia e il suo volto affondato in esse, sullo sfondo di una grande luna luminosa. Il personaggio è mostrato in modo che la luna sia dietro la testa, facendola sembrare una aureola. Gli occhi di Arlecchino sono chiusi. Si crea l’impressione che l’eroe sia immerso in una qualche amnesia, sonno, tristezza universale. Il paesaggio circostante che completa l'immagine appartiene di più a Pierrot che ad Arlecchino. L’immagine dell'eroe martire, così popolare nelle opere di artisti francesi dei secoli XIX-XX, in particolare di J. Rouault, contagia la moderna arte italiana, arricchendosi di molti colori intensi propri di Arlecchino. Questa tradizione non si è interrotta durante l'intero secolo. Così, già negli anni ’60 del Novecento, maestri come Alberto Chiancone e Domenici Rauchi si rivolgono a questo tema. Essi raffiguranoi Arlecchino o Pulcinella con volti tristi e pensierosi, ricoperti da abbondante strato di trucco, per esempio il lavoro " Arlecchino pensieroso" (1960, Napoli Collezione Sorvini), "Arlecchino e Ballerina" (1981, Napoli, collezione privata) di Chiancone e " Pulcinella Napoletano "(1967) di Rauchi. Tuttavia, nelle loro opere, si percepisce più che altro malinconia e una leggera tristezza, che non lascia spazio alla disperazione.

Il motivo del "Pagliaccio Triste" è diventato dominante nelle opere di Cuono Gaglione. Per lui Pulcinella è più di una semplice maschera della commedia dell'arte. "Egli - il sale della mia terra, me lo porto dentro di me fin dalla nascita. Egli è la nostalgia per il mio paese (l'artista è nato ad Acerra, ora vive nella città di Modica in Sicilia ). Egli è diventato un simbolo. Pulcinella – egli è la coscienza della gente di Napoli ed ogni ruga del suo volto è un percorso (vicolo), il segno della sua coscienza". Così si può vedere nei dipinti realizzati negli ultimi anni come "Pulcinella Solitario" (1994), "Tra le rovine del Rinascimento" (2009), "Due Pulcinella" (2000), dove un eroe è già senza la maschera, e l'altro la rimuove e sotto appare il trucco bianco, caratteristico di Pierrot. Così l'artista sposta su Pulcinella tutto lo spettro delle caratteristiche del pagliaccio triste, Pierrot alla luce della luna. Una soluzione simile può essere trovata nei quadri di Mario Trocone "Doppia Maschera", che raffigura Arlecchino a suonare la chitarra. Il suo abito fatto di rombi, ha acquisito una colorazione insolita, e ora è costituito da una varietà di sfumature dal blu scuro al quasi bianco. Inoltre, sulla faccia del protagonista il trucco bianco di Pierrot ed una espressione di tristezza, e sulla sua testa indossa un piccolo cappellino, caratteristico per questo personaggio, ma non nel tradizionale colore nero, ma rosso. Arlecchino mostra gli occhi chiusi. Nella sua posa si percepisce un Pierrot maldestro. In questo lavoro l'artista unisce in un unico personaggio le caratteristiche di due maschere della commedia italiana. Questa soluzione è stata usata spesso da artisti degli inizi del XX secolo. Come un secolo fa, sia Arlecchino che Pulcinella perdono la loro allegria vitale, assumendo i tratti caratteristici della decadenza, il simbolo più evidente della quale era il sempre triste Pierrot, (illuminato) sotto alla luce della luna.

Un altro piccolo gruppo di opere che raccontano la vita, a volte pesante e senza gioia, degli attori continua la tradizione del tardo XIX secolo. Così, nel quadro "I naufraghi" (2011) di Umberto Verdirosi è raffigurato un triste Arlecchino, leggermente accovacciato su una baule con oggetti di scena. Le sue braccia incrociate sotto il petto, le spalle sollevate, la schiena incurvata, il collo incassato - tutti parlano della incertezza e della tristezza dell’eroe. Egli guarda in avanti e negli occhi appare l’orrore. Arlecchino è come se fosse impietrito. L'autore descrive questo lavoro: "La luce si spegne/ sotto gli applausi, ma ... / Non hanno pagato / Resta attore / e si distruggono i suoi sogni ....". Dello stesso stato d'animo è pervaso il quadro di Manuela Facchini Varaldi " Arlecchino Stanco" (2002). L’artista raffigura Arlecchino seduto su una scatola con i piedi nudi e lo sguardo intenso rivolto allo spettatore. In basso si vede una mezza maschera abbandonata. Lo sfondo astratto color marrone, lo stesso per il pavimento e le pareti, avvolge strettamente l'eroe, che è in un angolo. E' collocato in uno spazio limitato, suscitando la sensazione di una situazione senza via d’uscita. Arlecchino è solo e povero, ma non abbattuto (arreso). Il suo sguardo (si intuisce) trasmette l'amarezza e l’inquietudine allo stesso tempo.

La vita dura dietro le quinte dei commedianti girovaghi è raccontata nel quadro "Cane Malato" (2010) di Verdirosi, che raffigura due personaggi: un vecchio cane stanco sdraiato sul baule e l’anziano Pulcinella. Si guardano l'un l'altro. "Ci sono un sacco di cani, anche dietro le quinte! Affetto e cura degli animali sono rivolti al loro padrone ... Anche se si tratta di "cane", riceverà comunque applausi e paga!" Gli eroi sono vecchi, le loro schiene incurvate. L'artista avvicina le caratteristiche di entrambi i personaggi, mostrandone anche le sagome simili. Così il pittore incrementa la sensazione che il destino dei personaggi non è stato facile. Il pittore proietta su Pulcinella tutte le qualità del suo compagno, un cane bastonato.

La massima espressione di dolore, più simile a lutto, si può vedere nel quadro di Ennio Moretti "Arlecchino e Pulcinella" (2011), che raffigura tre personaggi - Arlecchino, Pulcinella e, molto probabilmente, Pierrot strappati via con una luce abbagliante dal buio della notte.



Marina Cekmareva

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